Il futuro? Coltivare cultura – M. Gitter
20 Luglio 2020The Wine Record Project
11 Ottobre 2020Di Paul Caputo, scrittore ed imprenditore
Mentre il ripristino delle nostre libertà individuali rimane incompleto, il nostro desiderio di condivisione e convivialità è a quanto pare più intenso che mai.
Un istinto di autodifesa ci ha indotto inizialmente a ritirarci dalla società, ma quando le restrizioni imposte dalla pandemia di Coronavirus hanno iniziato a essere revocate, il pensiero di poter gioire di una “buona vita” ha prevalso su quello di avere una “lunga vita”.
Questa forse è la mentalità egoista e narcisistica dei nostri tempi, ma potremmo ricordare che un secolo fa, sullo sfondo della frivolezza del primo dopoguerra, della recessione e dell’influenza spagnola, gli anni Venti ruggirono nel decennio forse più liberatorio, radicale e decadente dell’Età Moderna.
La musica jazz e lo champagne riempirono un vuoto culturale nell’America di Louis Armstrong e del Grande Gatsby, mentre l’espressionismo tedesco e il Bauhaus resuscitarono Berlino.
Tuttavia, mentre navighiamo ancora una volta in un mondo in movimento, ci sono pochi segni della ricerca vuota del piacere e dell’abbandono spericolato, che simboleggiarono quell’epoca.
L’adattamento a una cosiddetta “nuova normalità” è già ben avviato, e mentre tracciamo un nuovo corso attraverso l’incertezza sempre più nebulosa del nostro mondo, lo spirito umano prevale.
L’isolamento forzato e le restrizioni ai nostri spostamenti hanno accelerato la consapevolezza collettiva, che la ricchezza materiale non riesce a saziare il nostro desiderio innato di felicità e ricerca di ciò che conta veramente.
Oggi bramiamo esperienze. Se un tempo avevamo centrato le nostre aspirazioni sull’abbondanza materiale, ora aneliamo a vivere la vita appieno. Questo è il futuro dell’edonismo: l’arte di attribuire un significato sentimentale a fugaci momenti.
Condivise con coloro che amiamo e ci è vicino, queste istantanee sono diventate indispensabili. Sono pennellate della nostra vita e segni delle nostre migliori opere personali. I riti del consumo di vino hanno a lungo fornito una ricca tavolozza, con cui impreziosire le nostre opere e autentici vini pregiati incarnano l’armonia tra natura e desiderio di creare.
Laddove il nostro mondo sembra muoversi online, nel cuore siamo delle creature sociali e desideriamo l’atmosfera conviviale, che l’epicureismo esige e offre. In effetti, nessun enologo decide di produrre un vino, che verrà consumato in assenza di una buona compagnia. È un mestiere destinato a riunire le persone e generare ricordi indelebili.
Mentre emergiamo da una crisi drammatica e senza precedenti, l’assegnazione di valore al vino e ai suoi simboli può sembrare frivolo, forse giustamente. Tuttavia, tale posizione nega il ruolo cruciale, che un vino come De Buris svolge nell’accendere connessioni sociali. Non abbiamo bisogno di ritornare alle vuote indulgenze di Gatsby e della sua epoca per godere delle gioie di una stravagante evasione.
Dopo tutto, la nostra capacità di espressione individuale è rafforzata dai nostri rapporti con gli altri.
È sicuramente un segno di questi tempi misurare il nostro contributo sociale in base alla distanza che teniamo l’uno dall’altro, ma ciò nonostante, l’atto secolare di condividere una bottiglia non solo ci tiene ancorati a ciò che ci sta veramente a cuore, ma offre una condizione spensierata e un senso di libertà, che ci è necessario per vivere la vita con uno stile creativo.
Tra il caos e la confusione dobbiamo cogliere le opportunità per assaporare una buona vita e brindare alle nostre esperienze ovunque possibile.